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«L’art. 46 della Costituzione resta un motore poderoso di cambiamento»

Le Pmi svolgono un ruolo fondamentale all’interno del tessuto economico nazionale e bresciano, in quanto rappresentano il 99,2% del totale delle imprese e danno lavoro a circa un 80% degli occupati. Sono chiamate, però, a far sempre più leva sulla loro naturale inclinazione alla flessibilità per far fronte alle innumerevoli sfide e rispondere alle leggi di un mercato i cui diktat si possono riassumere in una sola parola: competitività. Il tema va affrontato anche dal punto di vista del lavoro e dei lavoratori che, della piccolo-media impresa, costituiscono l’asse portante e l’anima.

Alberto Pluda, in qualità di segretario provinciale della Cisl di Brescia, qual è il vero strumento di innovazione sia per i lavoratori, sia per la piccolo-media impresa?

Alberto Pluda è il segretario provinciale della Cisl di Brescia

«Partiamo dal presupposto che il tessuto economico-produttivo bresciano è fatto nella stragrande maggioranza da imprese che non raggiungono i dieci dipendenti. Quello che noi pensiamo possa essere un motore poderoso di cambiamento poggia sulla piena attuazione dell’articolo 46 della nostra Costituzione, il quale riconosce il diritto dei lavoratori “a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende” ed è finalizzato “alla elevazione economica e sociale del lavoro, in armonia con le esigenze della produzione”. Perciò abbiamo dato vita, la scorsa estate, ad una campagna di raccolta firme su una legge di iniziativa popolare per la partecipazione dei lavoratori nella gestione delle imprese».

Qual è stato il risultato?

Pluda: «La nostra proposta non obbliga ma incentiva ad intraprendere un percorso»

«Quando la proponemmo, si scatenò una polemica in relazione al salario minimo, che noi non abbiamo mai ritenuto essere un modo corretto per affrontare il tema della dignità del lavoro e della giusta retribuzione. Comunque i numeri ci confortano: abbiamo raccolto 400mila firme dei cittadini italiani, di cui 5.511 nella sola Brescia; ora, dopo essere stata depositata in Parlamento, la legge ha iniziato il suo iter di audizione nella Commissione lavoro e finanza, dove sono state ascoltate le parti sociali e dove c’è stata condivisione anche da parte del mondo imprenditoriale, in quanto la nostra proposta non obbliga, ma incentiva ad intraprendere un percorso per una governance partecipata atta a migliorare sicurezza (ancora una grave piaga nel nostro Paese), profilo etico e competitività dell’impresa».

Ritenete che tale meccanismo sia applicabile nella realtà concreta dell’impresa?

«Crediamo che tale strada sia percorribile, non per legge (infatti, come detto, non vi è obbligo nella proposta), ma partendo dal ruolo sociale dell’impresa e da una impalcatura di responsabilità. Si tratta, in altri termini, di conoscere bene i meccanismi che stanno alla base dell’organizzazione aziendale, di giungere a condividerne la mission e i valori, in quanto il rapporto fra datore di lavoro e lavoratore non può più essere conflittuale. Lo dimostrano i casi di aziende bresciane che, avendo cambiato modalità e condiviso prodotti, servizi, posizionamento sul mercato con le persone che lavorano al loro interno, hanno sensibilmente migliorato i loro dati di bilancio e il fatturato».

A cura di Numerica

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