Confapi Brescia celebra in questi giorni i sessant’anni dalla fondazione: «Un appuntamento importante - afferma il presidente Pierluigi Cordua -. Noi per parte nostra continueremo a sostenere le nostre imprese associate, oggi quasi 1.400, e a porci come interlocutore aperto e disponibile per il territorio». Se queste sono le note liete, si sa che il quadro economico generale, non è roseo.
Presidente Cordua, dopo un inizio anno positivo il terzo trimestre del 2022 palesa una inversione di rotta, con un forte rallentamento.
«Il contesto geopolitico resta penalizzante e tutto lascia pensare che il prossimo anno sarà difficile. Quello che possiamo auspicare è che ci sia una reale inversione di tendenza e che si possa trovare una soluzione alle diverse criticità che affliggono le nostre aziende. Sul tema dell’energia siamo molto attivi, ad esempio stiamo investendo sulle comunità energetiche che spero si possano rapidamente sviluppare».
Contestualmente, le piccole e medie imprese bresciane (ma non solo) faticano a reperire personale, soprattutto specializzato, ma anche generico.
«La mancanza di manodopera specializzata è un problema annoso, ancora più stringente in una fase di trasformazione dei processi produttivi quale è quella che stiamo vivendo. La novità, evidenziata anche da una recente ricerca fatta dal nostro ufficio studi, è che inizia a mancare anche la manodopera non specializzata. È un problema ovviamente, dal momento che interessa la più generale crisi demografica del Paese e che ovviamente interroga tutti, non solo le imprese, sulle soluzioni possibili».
«Per le aziende è fondamentale proseguire la transizione verso una maggiore sostenibilità»
Un serio percorso di formazione può rivelarsi una soluzione alla troppa distanza tra offerta e domanda di lavoro?
«La formazione di nuove competenze, così come di percorsi di riqualificazione interni alle imprese, diventa ancora più importante. Come sistema associativo stiamo insistendo parecchio su questo tasto ma è evidente che le sinergie con il mondo della scuola e degli Its devono essere ancora più strette».
Da tempo si promuove il concetto di "sostenibilità", ma di fronte alle incertezze dell’attuale fase congiunturale c’è chi pensa di accantonare (magari temporaneamente) ogni progetto che tenga conto dei parametri Esg: secondo lei è comportamento giustificabile e, soprattutto, virtuoso?
«Ci sono aspetti macro, penso ad esempio all’obbligo di commercializzazione delle auto elettriche dal 2035, che soffrono un’imposizione dirigistica che deve essere cambiata. Detto questo per le aziende è fondamentale proseguire la transizione verso una maggiore sostenibilità, riducendo i consumi, aumentando la quota di rinnovabili e progettando prodotti sempre più sostenibili. Diversi studi sottolineano che le imprese sostenibili sono quelle più performanti e resilienti. La sostenibilità va sostenuta, non accantonata».
L’analisi economica delle prime mille imprese per fatturato e delle 1000 Pmi cresciute di più negli ultimi 5 anni
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